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Cinzia mi parve. (Do maggiore)

Traduzione e adattamento dal poeta latino Properzio (Assisi 47 a.C., Roma 14 a.C.)

Cinzia mi parve chinarsi sul mio capezzale

Aveva gli stessi capelli di quando

Fu posta al rogo, la veste bruciata

Le labbra avvizzite ma la voce era viva.

Perfido disse sei già addormentato

Hai già scordato le notti trascorse

Quando calavo dalla mia finestra

E con una fune correvo al tuo collo.

Spesso facemmo all'amore in un trivio

Petto a petto sui nostri mantelli…

Ma non venisti al mio funerale

Nemmeno ardesti i modesti giacinti

Poco costava, almeno potevi

Fare avanzare più lento il mio corpo.

Questo adesso io solo confido

Che venga assistita nei tremuli anni

Della vecchiaia la cara nutrice

E che tu distrugga i versi composti In mio nome.

Ben ti possiedano le altre fanciulle

Presto io sola ti avrò

Le tue ossa alle mie commiste uniremo

Premendo con esse l'amore,

E svanì, l'ombra svanì, l'ombra svanì.

Il tuo paese, Alberto (la minore)

Si giunge dal mare
si sente il profumo e l'incanto
di un tempo lontano

Poi sugheri, ulivi
e viti contorte
poi l'ombra sottile di un asino al sole

È la solita strada
battuta dai carri
che il tempo
non vuol cancellare,
poche case
bianche riarse dal sole
che il tempo non sa dimenticare
è il tuo paese,
che non scorderò mai

Poi quando la sera
la gente si riunisce
intorno al fuoco
e racconta mille storie
tu sorridi un po' assente
seguendo il tuo cuore
e ascolti la voce
di chi troppo presto
ti aveva lasciato

È la solita strada
amara come il vento
che viene che sale dal mare

è la solita casa
coi travi di ulivo
la foto del nonno sul muro

è il tuo paese,
che non scorderai mai
è il tuo paese che non scorderò mai.

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